Storia->L’aggressione

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Foto scattata all’uscita della sala operatoria del Policlinico di Milano al temine dell’intervento chirurgico durato cinque ore.

Sergio Ramelli fu costretto a cambiare scuola, ma non volle tradire i suoi amici e le sue idee continuando a frequentare il Fronte della Gioventù, l’organizzazione giovanile del MSI. Questa sua semplice coerenza, questo suo giovanile coraggio gli valsero la condanna a morte dei “nuovi partigiani”. Identificato, minacciato, inseguito, poi aggredito in un bar, insieme al fratello e, infine, atteso sotto casa, il 13 marzo 1975. Per colpirlo si era mosso un commando di 10 persone che neppure lo conoscevano e che utilizzarono una foto “segnaletica” scattata da un suo compagno di classe. Lo aggredirono mentre legava il motorino e gli sfondarono il cranio a colpi di chiave inglese. 47 giorni durò l’agonia di Sergio, in un’alternarsi di speranze e paure fino a quando, alle 10 del mattino del 29 aprile il suo cuore cessò di battere. Per quel giovane martire, rimasto vittima di una violenza assurda e sconvolgente, non fu però neppure possibile celebrare un dignitoso funerale. Il ricatto della violenza rossa; la viltà delle autorità politiche; la cieca obbedienza delle Forze dell’ordine arrivarono persino a proibire il corteo funebre.

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Un’immagine “rubata” di Sergio in coma